Di Elena Cappai, da “La biblioteca di Elena”, https://www.facebook.com/Elenachelegge/
Durante gli ultimi mesi di insonnia, In-hye a volte ha avuto l’ impressione di vivere in uno stato di caos totale. Se non fosse stato per Ji-woo, se non fosse stato il senso di responsabilità che sentiva verso di lui, forse anche lei avrebbe lasciato cadere quel filo.
Han Kang, “La vegetariana”
Ho trovato dolorosamente intenso e sfidante questo romanzo, per le molte chiavi di lettura che mi pare intravedervi (e chissà quante ancora, ma la letteratura è così: generativa). Non le scelte alimentari o ambientali o etiche, ma l’autodeterminazione, anche violenta e patologica. Non l’ascolto dell’altro, ma la richiesta di dover appartenere ad un modello ed il modo violento e patriarcale (nel senso deteriore del termine) di combattere il diverso e l’altro da sé.
La dimensione trasversale del sogno rivelatore, dell’inconscio che urla (e spaventa e cambia): ciò che non si vede e non si può dire, ma definisce. Le istituzioni totali, la malattia psichiatrica, la società che plasma.
Dire: “la donna diventa vegetariana e impazzisce a tal punto da credere di essere diventata un albero” non rende giustizia.
Perché di protagonista non ve ne è una sola. Lo sono tutti: quelli che dal dolore fuggono, quelli che giudicano, quelli che se ne approfittano e quelli che lo vorrebbero trasformare in arte, confondendolo col proprio. Quelli muti insieme a coloro che urlano, chi forza e chi si interroga. Gli alberi, l’acqua e la luce del sole. La società persino, la ragionevolezza che, infine, incrinata, forse non avrà tutte le ragioni.