Recensioni: Mario Vargas Llosa, “Il paradiso è altrove”

Di Elena Cappai, da “La biblioteca di Elena”, https://www.facebook.com/Elenachelegge/

La lettura, una passione antica.
La condivisione, un piacere.

È qui il paradiso? No, signorina, qui no. Vada a chiedere all’altro angolo. […]

Che cosa difficile convincere molti compatrioti che tutti gli esseri umani erano uguali, a prescindere dal colore della pelle, dalla lingua che parlavano o dal dio che pregavano! Perfino quando sembrava che lo avessero accettato, appena nasceva qualche discrepanza, affioravano lo sdegno, il disprezzo, gli insulti, le affermazioni razziste e nazionaliste.

Mario Vargas Llosa, “Il paradiso è altrove”

Ho impiegato molto tempo a leggere questo libro ricco e affascinante. Due storie distinte lo compongono.

Quella di Flora Tristan, donna coraggiosa ed innovatrice, che dedica la sua vita a girare per la Francia della prima metà dell’ottocento e si spinge fino alle sue origini peruviane per disseminare un’idea di femminismo e di uguaglianza sociale inconcepibile per l’epoca. Dimentica delle sue radici, ribelle e determinata, rinuncerà non solo alle convenzioni, ma anche ai legami interpersonali in onore dell’ ideale inseguito.

Un Paradiso in terra, da costruire, che non vedrà nascere.

Nemmeno suo nipote, Paul Gauguin, eccelso e tormentato pittore, che un’altra utopia inseguirà fino a morirne: quella dell’ origine dell’umanità, da lui identificata nei colori, negli spazi e nelle tradizioni tahitiane. In perenne ricerca, ne sarà deluso: mai abbastanza selvaggi, mai abbastanza liberi nei costumi, non ebbri del ritorno alla natura originaria, ma, in qualche modo, fautori di forme di mediazione e civiltà.

Due vite intense, tormentate ed affamate di altrove. Forgiate nei dolori del corpo, profondamente carnali, quanto idealiste. Vite descritte attraverso la cartina di tornasole dell’ insoddisfazione e dell’utopia, della ricerca spasmodica di quel paradiso che, per sua stessa natura, non si lascia definire se non da un altrove.

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