Di Doriano Felletti
Nel 1973 iniziai a frequentare il mio primo anno di scuola elementare. Dopo aver imparato a scrivere con la matita, la maestra ci disse di procurarci una penna stilografica. Ed un giorno, io e i miei genitori acquistammo l’elegante astuccio contenente la Auretta e la Sfera 03, entrambe di colore blu: «il meglio disponibile sul mercato», senza nulla togliere ai prodotti della concorrenza. L’azienda Aurora esiste ancora, è leader nel settore della produzione di penne stilografiche e a sfera; lo stabilimento si trova nelle immediate prossimità dell’Abbadia di San Giacomo di Stura, un complesso monumentale nato per volere di Pietro Podisio, giureconsulto torinese che, nel 1146, donò all’abate Vitale del monastero vallombrosano di San Benedetto di Piacenza una casa con diverse giornate di terreno, in parte adibite a vigneto, affinché egli vi costruisse un ospedale per la cura dei pellegrini che transitavano, diretti a Roma e a Gerusalemme.
L’Aurora fu fondata nel 1919 da Isaia Levi, nato a Torino il 20 novembre 1863; dopo aver compiuto gli studi in Germania, al suo rientro succedette al padre nella gestione dell’azienda tessile da questi fondata, la Donato Levi e figli che assunse un ruolo cruciale, oltre che nella produzione e nella vendita di tessuti, anche nella produzione di capi confezionati destinati alla grande distribuzione e che nel 1930 divenne Gruppo Finanziario Tessile. L’azienda, denominata Fabbrica italiana di penne a serbatoio Aurora, fu insediata in Via della Basilica 9 e produceva «penne a serbatoio», la cui invenzione risaliva al XIX secolo; ma il salto di qualità avvenne quando, fra il 1883 e il 1884, Lewis Waterman inventò l’alimentatore multicanale di inchiostro (che ne dosava correttamente il flusso per evitarne la dispersione) e ciò gli consentì di sviluppare un modello performante di penna stilografica che iniziò a distribuire su larga scala.
Il successo dell’Aurora arrivò rapidamente, grazie all’elevata qualità delle penne prodotte; i primi modelli in commercio furono la R.A. (Rientrante Aurora), in ebanite con caricamento a contagocce, e la A.R.A. (Aurora a riempimento automatico), con caricamento a levetta. Grazie all’impegno verso l’innovazione tecnologica, nella seconda metà degli anni Venti l’azienda lanciò sul mercato una penna in celluloide, la Duplex. Un contributo importante alla rapida affermazione sul mercato lo diedero certamente alcune efficaci campagne pubblicitarie, affidate a qualificati professionisti del settore, tra i quali Achille Luciano Mauzan e Carlo Biscaretti di Ruffia, figlio di Roberto tra i fondatori della FIAT, che fu l’ideatore del Museo dell’automobile di Torino. A seguito della crisi del 1929, l’azienda uscì indenne dai tracolli delle borse mondiali anche grazie all’intervento del cugino di Isaia Levi, Rodolfo De Benedetti, padre degli imprenditori Franco e Carlo, che riorganizzò la produzione al fine di renderla più efficiente. E sempre a seguito della grande crisi internazionale, Isaia Levi assunse anche il controllo della casa editrice Zanichelli, auspice la mano tesa del governo fascista che controllò l’operazione su indicazione del Ministro dell’Educazione nazionale Balbino Giuliano. Nel 1930, l’Aurora raggiunse un accordo commerciale con la società francese Edacoto, che produceva matite meccaniche, affidandole la distribuzione sul mercato francese delle sue penne stilografiche. Dall’accordo nacque anche «Le duo moderne», un set composto da una penna stilografica Internazionale, prodotta a partire dal 1930, e da una matita meccanica Edacoto.
Sempre negli anni Trenta furono prodotte la Asterope, del 1934, primo modello di penna stilografica senza cappuccio, la Etiopia, introdotta nel 1936 durante la Campagna coloniale del regime fascista, che fu prodotta in celluloide bianca e recava all’altezza del cappuccio la riproduzione di un’aquila imperiale, e la Topolino, del 1937, che recava sul corpo l’incisione del famoso personaggio ideato da Walt Disney. Sempre nello stesso anno Levi, di origine ebrea, preso atto della montante politica antisemita del regime, per tutelare l’azienda decise di trasformarla nella Società anonima di penne e matite (S.A.P.E.M.), giusto un anno prima della promulgazione delle leggi razziali.
L’arrivo della Seconda Guerra Mondiale comportò la difficoltà di reperimento delle materie prime e così l’azienda, all’avanguardia nella ricerca di nuovi materiali, iniziò a produrre i pennini in platiridio, una lega di acciaio, con il puntale rinforzato in iridio. Ma i massicci bombardamenti del 12 e del 13 luglio 1943 danneggiarono pesantemente lo stabilimento di Via della Basilica e così, terminato il conflitto, l’azienda trasferì la produzione nei pressi dell’Abbadia di Stura. A partire dal 14 novembre 1945 entrò nel consiglio di amministrazione della S.A.P.E.M. Giovanni Enriques, figlio del matematico Federigo e di Luisa Coen, sorella di Nella che era la moglie di Isaia Levi. L’anno successivo Levi, privo di eredi diretti in quanto l’unica figlia Giorgina morì di leucemia a soli tredici anni, suddivise il suo patrimonio fra i nipoti. Giovanni Enriques acquisì le quote della S.A.P.E.M. e ne divenne l’azionista di maggioranza; inoltre, insieme alle sorelle Alma e Adriana acquisì le quote della Zanichelli, nella misura di un terzo a testa. Isaia Levi morì a Roma il 6 marzo 1949.
Subito dopo il cambio di proprietà, l’attività dell’azienda riprese con rinnovato vigore. Nel 1947 venne immesso sul mercato il modello 88 ideato da Marcello Nizzoli, il famoso designer che Enriques coinvolse dopo averlo conosciuto durante l’esperienza all’Olivetti di Ivrea. Il modello riscosse un clamoroso successo, vendendo oltre sette milioni di esemplari. Nel 1948 l’azienda fu trasformata in Aurora Società per Azioni e Giovanni Enriques ne divenne l’amministratore delegato. Il 2 gennaio 1953, dopo aver rassegnato le dimissioni dal ruolo di direttore commerciale con l’estero dell’Olivetti, assunse il ruolo di presidente.
A partire dall’inizio degli anni Cinquanta, la diffusione, sempre più capillare, della penna a sfera determinò una progressiva riduzione delle quote di mercato delle case produttrici di stilografiche, le quali iniziarono ad investire sull’innovazione e sull’originalità dei propri prodotti. Così fece l’Aurora: intensificò la collaborazione con i designer e con le agenzie pubblicitarie e iniziò a produrre penne a sfera. Nel 1954 venne lanciata sul mercato la Duo-cart, una penna stilografica economica destinata al mercato degli studenti, realizzata su disegno di Albe Steiner utilizzando materiali plastici, con il caricamento a cartuccia. Era realizzata in polietilene, su progetto del chimico Giulio Natta, futuro premio Nobel e inventore del Moplen. La penna poteva contenere al suo interno una seconda cartuccia di scorta. Nel 1957 iniziò la produzione del modello 888 che era pensato come la versione a cartucce del modello 88.
Nel 1958 fu assunto in azienda Franco Verona, nipote di Cesare Verona che fu il primo concessionario in Italia di macchine per scrivere Remington e, in seguito, di macchine per il calcolo Monroe. Il 15 maggio 1961, Giovanni Enriques cedette le proprie quote a Franco Verona che divenne azionista di maggioranza e, nel 1963, direttore generale. Enriques mantenne comunque la presidenza onoraria della società fino al 1981. Nel 1963, sempre grazie alla collaborazione con Albe Steiner, nacque il modello 98 che ottenne la menzione del Compasso d’oro e fu esposto al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Nel 1965 fu lanciata la popolarissima Auretta, ad opera di Albe Steiner e dell’Ufficio Stile Aurora, penna stilografica con la quale l’azienda sfonderà nel mercato degli studenti. In seguito, l’azienda diede avvio alla collaborazione con Marco Zanuso, architetto milanese tra i padri del design industriale; nel 1970 progettò la penna stilografica Hastil, la cui forma cilindrica era ottenuta da un singolo tubo di acciaio, con un innovativo sistema di caricamento di inchiostro (l’idrograph) e con il fermaglio a scomparsa. Nel 1974 fu la volta della penna a sfera Thesi, realizzata in un unico pezzo di forma completamente piatta. Entrambi i modelli furono esposti al MOMA di New York. Nel 1980, l’Aurora mise in commercio la Kona, disegnata da Giorgetto Giugiaro, designer industriale torinese noto per le sue collaborazioni in campo automobilistico, che già aveva dato i natali alla Design nel 1970. La collaborazione con Giampiero Bodino portò invece alla nascita della Ipsilon (1993), della Talentum (2000) e della Leonardo Da Vinci (2002).
La produzione delle penne Aurora continua ancora oggi, anche attraverso le edizioni limitate e la riproposta dei vecchi modelli di successo. E chi volesse ripercorrere, anche visivamente, la storia di uno dei marchi più prestigiosi del made in Italy può visitare l’Officina della scrittura, l’esposizione museale, nata nel 2016 ed ospitata laddove ci sono i reparti produttivi, per valorizzare tutto ciò che è legato alla cultura della scrittura.