Luoghi: Un pomeriggio a Villa Salino, la casa del generale

Di Fabrizio Dassano

Nel centro di Cavaglià in provincia di Biella, sorge una villa padronale costruita nel 1726, composta da ali e maniche, dai resti di un grande giardino e da imponenti sotterranei. Ci accolgono guide volontarie che coadiuvano nella gestione il Comune, che ne è proprietario da oltre vent’anni, dopo la cessione ad esso degli ultimi Salino. E’ un tuffo nell’Ottocento romantico e risorgimentale di forte impatto che fa comprendere quanto i suoi personaggi abbiano permeato anche la provincia, non solo le grandi città dei Musei e dei sacrari risorgimentali come Palestro, Novara, San Martino e Solferino. La casa del generale accoglie i visitatori con una palma alta e sottile che fa piombare per un attimo nei Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez. Qui visse tra i ricordi e i cavalli Pietro Salino (1817 – 1905). Una lunga vita di 93 anni che iniziò due anni dopo Waterloo e si concluse con l’avvento dell’automobile. Nel frattempo si costruì l’Italia con la diplomazia e il cannone e lui ne ebbe parte attiva proprio con l’artiglieria a cavallo, le famose “voloire” che dal piemontese all’italiano suonano come “volanti”. Nel 1893 a Palestro si inaugurò l’ossario dei caduti, rievocando i ricordi del 1859. Era presente uno dei pochi sopravvissuti al tempo, il generale Della Rocca, capo di stato maggiore ormai cieco che rammentava la carica con Vittorio Emanuele alla testa degli zuavi francesi. Mancando il generale Chiabrera che si curava a Acqui Terme, l’unico generale testimone era l’allora settantaseienne tenente generale in riposo Pietro Salino che, malgrado l’età, portava ancora con fierezza la divisa e le sue decorazioni. Veduto il colonnello austriaco Depott, invitato alla cerimonia, Salino gli si avvicinò squadrandolo e gli disse subito: “Voi siete troppo giovane per aver preso parte a quelle campagne” e Depott rispose: “Son lieto d’esser giunto in tempo ad onorarne i campioni”. A Confienza Salino comandava col grado di maggiore tre batterie che ebbero esiti vittoriosi: la 13a, 14a e 15a della 2a Divisione del generale Fanti. Ma questo è solo uno dei tanti episodi che contraddistinse la sua vita militare.

La sua casa si presenta oggi entrando in una corte rustica, con la scuderia e altri ampi spazi ove i volontari hanno ricreato le ambientazioni di una casa padronale e del suo rustico. Percorsi gli ampi e bui sotterranei come in un labirinto oscuro su più livelli, si entra in una cucina solenne, mirabilmente voltata, con il fuoco in comune che serve la stanza attigua e tutta un serie di ambienti della numerosa servitù con i campanelli di chiamata per servire il piano nobile. La sala del biliardo, lo studio del generale e infine una scala a doppia rampa tra decine e decine di ritratti risorgimentali ci introduce nel piano superiore dove una lunga prospettiva di porte allineate ci introduce in vari vani, più o meno vuoti e riccamente decorati alle volte. Qualche lettera del generale, fotografie ingiallite e i libri dell’Accademia militare del 1854 ogni tanto fanno capolino in quegli ambienti. Usciamo alla luce del sole dopo oltre un’ora e ci sono sfilate davanti le campagne dal 1848 al 1866 insieme alla vita di un importante rappresentante della famiglia Salino, nobili di Cavaglià le cui origini risalgono ai Salino notai del XIII secolo.

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